Vittorio Arnaldo Cipolla: una vita per San Quirico

Vittorio nasce a Milano, nel mese di novembre 1946, dove suo padre, dopo la guerra, ha ripreso la sua professione di avvocato.

La seconda guerra mondiale è finita da poco, in una città grande come Milano mancano molte cose, cibo, medicine. Le comunicazioni sono difficili, le strade da ricostruire.

In questo momento si sta meglio in campagna e la mamma, Anna Simonelli, lascia per lunghi periodi il piccolo Vittorio con la nonna Marietta a San Quirico.

Vittorio vi frequenta l’asilo di infanzia e quasi tutti gli anni delle elementari e gioca coi ragazzi del paese. La nonna Marietta gli insegna la Storia, gli legge le poesie del Carducci, gli racconta le storie di famiglia.

Intanto la situazione a Milano è migliorata, l’Autostrada del Sole che collega Milano a Napoli è quasi completata, prima ci volevano 12 ore per viaggiare tra Milano e San Quirico, ora solo 6.... Vittorio frequesta le scuole medie e il liceo a Milano – ma starà per 2 anni in collegio a Chiavari, in Liguria dove riceve la notizia della morte della nonna.

La fine della mezzadria

La proprietà agricola di San Quirico era gestita a mezzadria da tempo immemorabile. Il sistema prevedeva che le proprietà fossero divise in unità più piccole, i poderi, ciascuno con una casa e una quantità di terra sufficiente per una famiglia di contadini i quali lavoravano la terra in parziale autonomia. Il raccolto veniva diviso a metà con il proprietario della terra, come pure tutte le spese. In realtà per molti secoli è stata una economia di scambio in cui le spese monetarie erano molto limitate e il contratto assegnava un uguale peso tanto alla proprietà che alla forza lavoro.

Con il massiccio abbandono delle campagne del dopoguerra il sistema mezzadrile è andato in crisi: i contadini aspiravano ad abitazioni più comode, volevano scuole e ospedali vicini e un reddito pari a quello degli operai che vivevano in città. Dopo anni di lotte che portarono a una divisione del raccolto non più a metà ma fino al 60% a favore dei contadini, la mezzadria fu infine dichiarata un contratto non più legalmente accettato.

A San Quirico da tempo la nonna Marietta e la mamma di Vittorio cercavano di gestire la situazione nel miglior modo possibile. Quando Vittorio ebbe l’età per iscriversi all’università, sua madre lo pose di fronte a una scelta importante: vendere tutti i terreni e i poderi per potersi dedicare agli studi che preferiva ed avviarsi successivamente a una professione oppure studiare agraria ed occuparsi della proprietà di San Quirico.

Vittorio ricordava spesso quel momento. Lui amava la Storia e l’Architettura ma il suo attaccamento a San Quirico era più grande e ha sempre detto che fu una domanda che aveva una sola risposta possibile: avrebbe studiato Agraria!

La nascita dell'azienda agricola Il Rigo

All’inizio il compito non fu facile. L’azienda non aveva macchine agricole perchè i pochi campi dedicati alla coltivazione del frumento erano lavorati con i buoi. Vittorio dovette rivolgersi alle banche per ottenere il finanziamento necessario all’acquisto dei primi trattori e dopo qualche anno anche della prima mietitrebbia: fino ad allora, infatti, la trebbiatura avveniva sull’aia con una trebbiatrice a fermo alla quale doveva essere portato il grano già mietuto e legato nei tradizionali “balzi”.

Ma erano anche gli anni della “rivoluzione verde” in cui l’introduzione dei concimi chimici, dei diserbanti, degli antiparassitari e delle varietà selezionate rendevano possibile ogni anno un aumento delle rese del raccolto inimmaginabili fino a qualche anno addietro.

Vittorio applicò in azienda tutti i moderni sistemi di coltivazione ma si rese presto conto che mentre le rese non potevano aumentare a dismisura, ogni anno era necessario aumentare la quantità dei trattamenti antiparassitari, avvelenando sempre di più l’ambiente e le persone che ci lavoravano.

Cominciò così a ridurre l’uso della chimica e a porre maggiore attenzione alle buone pratriche di coltivazione come le rotazioni e le lavorazioni al tempo giusto che riducevano la crescita delle piante infestanti. Fu un atteggiamento giudicato da molti controcorrente, negli anni in cui importava solo produrre grandi quantità, che lo portò infine a convertire l’azienda agricola al sistema biologico nel 1990, un anno prima che il primo regolamento europeo fosse approvato.

L’attaccamento di Vittorio alla sua azienda, che chiamò Il Rigo dal nome del primo appezzamento passato sotto la sua direzione, si estendeva a tutto il paese di San Quirico dove viveva.

Volle impegnarsi per questo piccolo Comune come consigliere comunale e assessore e cercò sempre di condividere con i suoi concittadini ogni occasione di crescite economica e culturale, opponendosi strenuamente a tutte le iniziative che mettevano in pericolo la conservazione del paesaggio e della comunità locale e fu tra i promotori del Parco Artistico e Naturale della Valdorcia che definì il territorio che venne poi dichiarato Patrimonio del’Umanità nel 2004.

Vittorio era un uomo per la piazza: al Rigo e nella sua casa invitava scolaresche e orchestre giovanili italiane e straniere, comitati ambientalisti e appassionati di storia e a tutti cercava di trasmettere le sue conoscenze con passione e attaccamento al territorio che amava e che è stato fino alla fine sua ragione di vita.

Questa è una poesia che Vittorio amava recitare spesso, gliel’aveva insegnata la nonna, e ogni volta si commuoveva fino alle lacrirme.

Traversando la Maremma toscana
— di Giosuè Carducci

Dolce paese, onde portai conforme
L'abito fiero e lo sdegnoso canto
E il petto ov'odio e amor mai non s'addorme
Pur ti riveggo, e il cor mi balza in tanto
Ben riconosco in te le usate forme
Con gli occhi incerti tra 'l sorriso e il pianto
E in quelle seguo de' miei sogni l'orme
Erranti dietro il giovenile incanto
Oh, quel che amai, quel che sognai, fu in vano
E sempre corsi, e mai non giunsi il fine
E dimani cadrò, ma di lontano
Pace dicono al cuor le tue colline
Con le nebbie sfumanti e il verde piano
Ridente ne le pioggie mattutine

 
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