Attimi fuggenti nella Valdorcia degli anni 90

Foto di Haruko Nakamura 1964 - 2005

Luce, vento, terra... Valdorcia, Toscana, un luogo iconico che ha attratto perdutamente la fotografa Haruko Nakamura che dal 1993 al 1998 era rimasta così affascinata dalla Valdorcia da recarvisi molte volte dal Giappone - sette volte in un solo anno! - per poter cogliere e documentare i ritmi della natura e della vita in ogni stagione. Nei suoi scatti pieni di emozione, Haruko esprime il rapporto universale tra la natura, l’uomo e la gioia di vivere.

La sensibilità gentile di Haruko le ha permesso di conoscere e creare un rapporto di amicizia con una anziana coppia di ex mezzadri, Ivo e Ilda. La loro vita quotidiana , ancora basata su tradizioni tramandate fin dal Rinascimento, catturata in modo vivido e colorato dall’obiettivo di Haruko Nakamura ,ci spinge a domandarci cosa sia importante per noi che viviamo nell'era moderna: dopo un mese dall’inaugurazione della mostra forse abbiamo avuto delle risposte.

Quelli che hanno deciso di restare

La sera in cui è stata inaugurata la mostra ero sovrastata da tutti i messaggi incrociati, alcuni evidenti e altri nascosti, che questo incontro aveva scatenato. Avevamo lanciato un grosso sasso e bisognava aspettare l'effetto delle onde generate dal sasso.

Ma ora comincio a capire. Il tempo della mezzadria era duro, durissimo, ma c’era pur sempre qualcosa da salvare: la capacità di aiutarsi l'un l'altro, una certa educazione alrispetto dalla quale non si poteva prescindere, un linguaggio, canti e storielle, e soprattutto accettazione dei ritmi della natura e della geografia dei luoghi.

Chi ha scelto di restare sentiva che le cose buone superavano nel bilancio finale quelle cattive.

“Restare è stata una scommessa contro il tempo e contro il mondo. Oggi, grazie anche allo sguardo di chi viene da lontano, quella scelta si rivela ancora più preziosa. La mostra di Haruko racconta la nostra storia, dà voce a chi ha resistito e ancora crede in questa terra.”
— Diva Orfei – Autrice del libro “Alle porte coi sassi”

Ascoltando le storie di mio marito Vittorio ho capito che anche lui è stato tra quelli che sono rimasti. Credo che molti "padroni", rimasti senza contadini, abbiano venduto per dimenticare problemi, arrabbiature e senso di impotenza, mentre Vittorio è salito sul trattore e ha detto: pazienza, oggi farò da me quel che c'è fare, e piano piano ha imparato. Alcuni miei amici che oggi conducono direttamente le loro aziende dicono che Vittorio "ha fatto scuola" a tutti loro.

L’anziana coppia ritratta nelle foto di Haruko, Ivo e Ilda ,facevano parte anche loro di quelli che avevano scelto di restare. Avevano avuto la liquidazione sotto forma di due appezzamenti di terra con  la vignolina nel mezzo, e li coltivavano con una attenzione meticolosa e avevano ottime rese- Ivo si era comprato un trattorino cingolato e con quello faceva tutto.

Avevano chiesto di restare nella casa dove avevano sempre vissuto. A Vittorio andava bene e quando aveva finito col suo campo a volte Ivo faceva qualche  ora di lavoro al Rigo.

Haruko e la sua famiglia al Rigo

Quando nel 1990 abbiamo aperto l’Agriturismo Il Rigo, Ilda ci aiutava ad accogliere gli ospiti nelle ore in cui non c’eravamo.

E’ stato così che Haruko li ha conosciuti. Loro la consideravano quasi una figlia, pur non potendo quasi comunicare a parole.

Ogni volta che Haruko tornava in Valdorcia portava sempre delle foto nuove e bellissime. Erano tutte foto scattate al Rigo nei nostri campi, alle nostre figlie e naturalmente a Ivo e Ilda nelle loro mansioni quotidiane.

Haruko spesso veniva da sola, a volte con suo marito Kazumi e in seguito, più raramente, con le sue figlie. Purtroppo poco dopo la nascita di Hana, la sua terza bambina, si è ammalata gravemente e in pochi mesi, nel 2005, ha lasciato questo mondo.

Dopo circa due anni abbiamo ricevuto due copie del primo libro di Haruko, quello che lei aveva tanto desiderato: una per noi e una per Ilda e la sua famiglia.

Per un periodo piuttosto lungo abbiamo poi perso i contatti con il marito Kazumi.Abbiamo solo ricevuto una lettera molto toccante che raccontava come lui e le bambine si fossero messi in salvo dal maremoto del 2011, quello che aveva colpito Fukushima.

Finalmente l’anno scorso abbiamo ricevuto la visita di Junko Takahashi, che aveva conosciuto Haruko e lavorato con lei come editor e curato le sue mostre di fotografia a Tokio.

Junko voleva vedere i luoghi dove erano state scattate le foto e per noi è stata una splendida occasione per riallacciare i rapporti.

Una mostra , una testimonianza

Abbiamo deciso insieme di allestire una mostra che ricordasse Haruko e il suo amore per la Valdorcia e che fosse una testimonianza dei cambiamenti degli ultimi trent’anni.

Per l’inaugurazione è venuto anche Kazumi dal Giappone con la figlia minore Hana,il professor Biliorsi che aveva dato a Kazumi qualche nozione di lingua italiana e Diva Orfei che nel suo secondo libro “Alle Porte coi sassi” aveva pubblicato la storia di Haruko insieme ad altre testimonianze sulla Valdorcia che cambia.

L’allestimento e la disposizione delle fotografie sono opera di Junko Takahashi che con la sua grande professionalità ha saputo accostare i colori e i profili guidando il visitatore in un mondo del passato a cui siamo ancora profondamente legati.

Ci sono stati molti apprezzamenti per la mostra da parte dei visitatori di ogni età e nazionalità e stiamo pensando forse di riproporre altrove questo allestimento.

Seguiteci su queste pagine e seguite Haruko su Instagram: nakamuraharuko_official.


 
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