Una ricetta toscana per l'inverno : Coniglio "arrosto morto"
I miei allievi si meravigliano sempre di questo nome e mi chiedono scherzando se per le altre ricette si deve cucinare il coniglio vivo….
Il nome un pò bizzarro di questa ricetta tradizionale toscana si riferisce probabilmente al “fuoco” che per questa cottura è un fuoco lento (un tempo era la brace) mentre un arrosto vivo viene cotto a fiamma viva (allo spiedo o nei forni a legna di un tempo).
A lezione di cucina toscana
Chi mi conosce sa che non sono nata in Toscana anche se ormai ho trascorso qui più di due terzi della mia vita.
Le tradizioni di cucina spesso le abbiamo nel sangue fin dall’infanzia, che io ho trascorso in Liguria.
Sentivo quindi che mi mancava qualcosa e sono felice di aver trovato dei bravi maestri che oltre ad insegnarmi le ricette mi hanno letteralmente portato dentro la cucina di questa terra meravigliosa, la mia seconda casa.
Gli ingredienti di questa ricetta parlano toscano: rigatino (la pancetta stesa in Toscana si chiama così), aglio, rosmarino e vino rosso: bastano queste parole per evocare l’immagine di una casseruola sulla stufa, una cottura lenta come vuole infatti il nome “arrosto-morto” , che sprigiona però un profumo intenso e invitante, proprio quello che ci vuole per queste grigie giornate invernali.
La ricetta
Io preferisco acquistarlo intero dal mio macellaio di fiducia, così mentre lo taglio controllo la freschezza della carne, che deve essere consistente e non appiccicosa. Le interiora poi sono una prova infallibile per la freschezza: infatti nella grande distribuzione non le trovate mai!
Dopo aver staccato la testa dividete il coniglio in due. Io non ho una buona mira quindi appoggio la lama di un coltello sulla spina dorsale dalla parte della pancia e separo le due metà con l’aiuto di un batticarne, un pezzo per volta. Poi separo le cosce e le spalle e infine taglio il costato e il carrè in 4-5 pezzetti.
Conservate il fegato,che è una vera delicatezza, e i rognoni ed eliminate il grasso in eccesso e le altre interiora.
Fate rosolare il coniglio in poco olio extravergine di oliva disponendo i pezzi in una padella grande in modo da formare un solo strato. E’ necessario un po' di tempo , la rosolatura dovrà essere piuttosto intensa. Disturbate la cottura il meno possibile cercando di girare i pezzi solo una volta. Non tutti i pezzi saranno rosolati nello stesso tempo: le spalle e le cosce richiederanno più tempo. Nel frattempo preparate un battuto con la pancetta, lo spicchio d’aglio e le foglie del rosmarino e unitele al coniglio già rosolato nel tegame.
Alcune ricette suggeriscono di iniziare con il battuto di pancetta e rosmarino ma io preferisco aggiungerlo in un secondo tempo perché il battuto ha bisogno sì di alte temperature per sprigionare tutto il suo aroma ma rischia di bruciarsi prima che il coniglio abbia assunto una colorazione dorata intensa.
Unite per ultimo anche il fegato e i rognoncini; sfumate con il vino e fate evaporare .
Trasferite il coniglio in una pentola di ghisa e portatelo a cottura bagnandolo con il brodo se necessario. Se tendesse ad asciugarsi troppo abbassate la fiamma e coprite solo parzialmente altrimenti sembrerà coniglio lesso. Secondo la dimensione dei pezzi ci vorrà da 45 minuti a 1 ora. Se necessario aggiungete brodo casalingo, se non l’avete meglio solo acqua.
Servitelo subito! Accompagnatelo con purè di patate o finocchi gratinati, o sformato di cardi, accompagnato dal suo fondo di cottura. Se non volete servire il fegatino interno tritatelo e aggiungetelo nella casseruola.
Qualche consiglio
Questo piatto non ama essere riscaldato, il sapore cambia moltissimo! quindi preparatelo in modo che sia pronto esattamente quando vi serve. Se siete in anticipo, piuttosto che riscaldarlo tenetelo a sobbollire su fiamma bassissima.
Per la rosolatura consiglio una larga padella antiaderente. Per proseguire la cottura una pentola di ghisa è perfetta, meno delicata della terracotta che comunque va bene.
La scelta degli ingredienti deve sempre essere al primo posto: usate un vino rosso robusto. Non importa se è aperto da qualche giorno, ma non utilizzate mai in cucina un vino che sa di “tappo”.
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